La direttiva MiFID e il D.Lgs. n. 164 del 2007: innovazioni e vincoli di trasparenza nella intermediazione finanziaria e mobiliare.

Con il D.Lgs. n. 164 del 2007 attuativo della direttiva MiFID n. 2004/39/Ce (Market in Financial instruments directive, qui per il testo in Inglese; qui per il testo del D.Lgs. 164/2007 ), l’Italia ha perseguito l’obiettivo di adeguare la propria normativa interna a quella comunitaria in tema di strumenti finanziari.
Il legislatore italiano nell’adeguare tale materia, ampia e complessa, ha effettuato una scelta di delegificazione, seguendo l’impostazione iniziata con lo stesso Tuf (Decreto Legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58), che già aveva rinviato alla normazione secondaria prodotta dall’autorità di vigilanza di settore (CONSOB e Banca d’Italia).

Articolo correlato:
Direttiva 2008/10/Ce e Direttiva 2008/11/Ce: modifiche alla MiFID e alla Direttiva sul prospetto per l’offerta pubblica.

Sommario:

Premessa
1. Panorama normativo antecedente alla direttiva MiFID: CAD e ISD;
2. Le innovazioni introdotte dalla direttiva MiFID;
3. Le nuove definizioni ed il ruolo della Consob secondo la direttiva MiFID;
4. L’albo dei consulenti indipendenti;
5. I vincoli di trasparenza nella prestazione dei servizi di investimento.

Premessa

La direttiva MiFID, sotto il profilo normativo, è andata ad operare la sua portata innovativa principalmente sul Decreto Legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), modificando l’attuale disciplina dei mercati finanziari e dei servizi di investimento. La sua portata, comunque, ha avuto le ripercussioni più significative nelle disposizioni regolamentari e di attuazione: i Regolamenti della Consob e della Banca d’Italia. In particolar modo segnaliamo subito il fatto che Banca d’Italia e Consob hanno approvato tre testi normativi ed il Protocollo d’intesa fra le due autorità. Nella trattazione verrà fatto particolare riferimento al Regolamento Consob 16190/2007 sostitutivo del precedente Regolamento Consob 11522/1998.

La refluenza di tali cambiamenti è opportuno evidenziare, investirà, quindi:

  1. L’alveo delle competenze delle autorità di vigilanza e di controllo ( Consob, Banca d’Italia e Ministro dell’Economia e delle Finanze);
  2. L’organizzazione interna dei singoli operatori finanziari, ovvero: Banche, Sim, Società assicuratrici, promotori finanziari (sia nella loro qualità di rapporto lavorativo interno, sia in qualità di agenti collegati nell’offerta fuori sede);
  3. Inevitabilmente le refluenze si avranno anche con riferimento alla posizione dei singoli investitori, dal momento che vengono stabiliti più vincoli di trasparenza ed una maggiore adeguatezza dell’informativa in ossequio al principio know your customer rules.

In questa sede vogliamo offrire un quadro di massima dei cambiamenti e delle novità introdotte. Ritorneremo in altri articoli futuri, analizzando più da vicino le singole novità introdotte, precisando sin da adesso che vogliamo porre la nostra attenzione sugli aspetti che riguardano più da vicino la materia della consulenza sugli investimenti, sulla trasparenza del mercato e quindi sugli obblighi degli intermediari.

Panorama normativo antecedente alla direttiva MiFID: CAD e ISD

Il quadro comunitario relativo al settore dei servizi di investimento era costituito da due direttive: la CAD n. 93/6/Cee, e la ISD n. 93/22/Cee, che dettavano regole volte alla armonizzazione in tema di adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e di autorizzazione allo svolgimento servizi finanziari. La finalità era quella di pervenire ad un quadro regolamentare omogeneo fra i paesi membri della Comunità.

Con la CAD (Capital adeguancy directive) venivano dettate regole di armonizzazione in tema di adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e delle banche. Tale direttiva aveva sicuramente garantito un livello alto di armonizzazione con riferimento alla così detta prudential supervision.
A seguito dell’approvazione da parte del Parlamento europeo delle posizioni comuni del Consiglio del 13 febbraio 1998, il Consiglio ha formalmente adottato la cosiddetta direttiva “CAD II”, la direttiva “Matrice ampliata” e la direttiva “Crediti ipotecari”.
Queste tre direttive aggiornavano i requisiti patrimoniali degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Scopo della nuova normativa era quello di assicurare il mantenimento della competitività degli Istituti finanziari della UE, consentendo che i requisiti patrimoniali siano più intimamente connessi ai rischi incorsi da tali istituti e rispecchino la natura specifica delle loro operazioni.

Con la ISD (Investiment service directive) venivano, invece, dettate regole inerenti sia all’autorizzazione allo svolgimento dei servizi finanziari, che alla struttura organizzativa degli intermediari e alla condotta di quest’ultimi nei rapporti con la clientela destinataria dei servizi.
Quest’ultima direttiva ha mostrato tutti i suoi limiti normativi ed attuativi, espressi nel fatto che la stessa non aveva previsto un grado di armonizzazione tale da rendere effettivo il mutuo riconoscimento delle autorizzazioni concesse alle imprese di investimento.
In teoria il meccanismo del Passaporto Europeo, ovvero il meccanismo dell’autorizzazione unica all’esercizio dei servizi di investimento rilasciata dall’autorità di vigilanza del paese d’origine e valevole in linea di principio per gli altri paesi dell’Unione, non aveva funzionato come previsto. Infatti la portata di tale meccanismo introdotto venne fortemente limitata dalla presenza di molteplici forme di vigilanza e di regolamentazione sulle attività transfrontaliere.
Anche con riferimento alla condotta degli intermediari le regole dettate dall’ISD non erano forti e penetranti: sul punto si era lamentato, sin dalla nascita della direttiva stessa, che vi era una insufficiente zoccolo normativo tale da consentire un adeguato grado di armonizzazione.
Proprio con riferimento a quest’ultimo punto, che costituisce spesso il cardine delle citazioni in materia di strumenti finanziari con riferimento alla normativa nazionale, è da rilevare che la ISD, infatti, non scendeva nei dettagli prescrivendo il contenuto delle norme di comportamento che gli stati avrebbero dovuto dettare, ma enunciava semplicemente principi di massima.
La negatività della direttiva ISD si ripercuoteva, quindi in termini di efficienza sui costi di transazione creando anche una frammentazione del mercato unico.
L’unico principio stabilito, per altro generico, era quello del mutuo riconoscimento e l’obbligo di concentrazione degli scambi nei mercati regolamentati nel caso in cui i titoli oggetto di negoziazione fossero quotati nei mercati interni.

Tredici anni dopo è intervenuta la direttiva MiDFID il cui precipuo scopo è, appunto, quello di far evolvere la precedente ISD e, quindi, anche di rimediare ai limiti sopra evidenziati.
Pertanto possiamo dire che due sono gli scopi principali della direttiva MiFID:

  1. Creare un adeguato livello di armonizzazione per consentire alle imprese di operare nel mercato unico sulla base del principio home country control, ovvero quel principio posto dal così detto Passaporto Europeo in base al quale la vigilanza sarebbe spettata all’organo preposto dallo Stato membro a fronte di un sufficientemente elevato grado di protezione degli investitori (equiparati sostanzialmente a dei consumatori);
  2. Favorire la concorrenza tra i soggetti operanti nel settore finanziario.

Le innovazioni introdotte dalla direttiva MiFID

Stante il quadro normativo antecedente alla direttiva di cui trattasi, la direttiva n. 2004/39/Ce ha avuto come scopo precipuo intervenire in alcuni settori.
Il primo obiettivo era quello di rendere effettivo il così detto passaporto europeo attraverso la generalizzazione del principio della vigilanza dello stato membro di origine.
Attraverso la procedura Lamfalussy si è cercato di raggiungere un più alto livello di armonizzazione operando attraverso una tecnica normativa che agisce su più livelli rispettivamente scalari e complementari.
Avremo quindi:

  1. il primo livello è occupato dalla direttiva MiFID: direttiva madre;
  2. il secondo livello è occupato dalle misure di esecuzione emanate dalla Commissione Europea sotto forma di direttive e regolamenti che possono rafforzare l’attività di coordinamento e cooperazione delle autorità di vigilanza dei diversi Stati;
  3. Infine appare insita nella stessa procedura che le autorità di vigilanza dei vari Stati membri intervengano con regolamenti propri (Consob e Banca d’Italia) attuativi dei principi di cui sopra.

Per quanto attiene allo sviluppo della concorrenza si è cercato con la direttiva di cui trattasi di dare impulso alla competitività tra le diverse sedi della negoziazione (trading). Infatti vengono accostati ai mercati regolamentati anche quei canali alternativi come gli Mtf (sistemi multilaterali di negoziazione – multilateral trading facilities) ed l’internalizzazione degli scambi.

Tra i motivi che hanno indotto la Commissione Europea ad varare la nuova direttiva MiFID, modificando ed adeguando la ISD, vi è quello relativo al fatto che la direttiva precedente non disponeva di un nucleo normativo tale da consentire una adeguata tutela degli investitori prescrivendo nei dettagli il contenuto o la struttura delle norme comportamentali degli intermediari nei rapporti con gli investitori.
In tal senso appare opportuno sottolineare che con la direttiva MiFID sono state inserite alcune innovazioni di rilievo come l’inserimento della consulenza in materia di investimenti nell’elenco dei servizi di investimento rientranti nell’alveo della direttiva stessa, e l’obbligo di classificazione analitica della clientela (clienti professionali, clienti al dettaglio, controparti qualificate) necessario al fine di differenziare il grado di protezione che l’intermediario è tenuto ad assicurare al fruitore del servizio.
Sul punto, in verità, bisogna segnalare che già ai sensi dell’art. 28 del Regolamento Consob 11522/98 ¹* (adesso sostituito dal Regolamento 16190/2007 di cui si dirà più avanti) veniva già stabilita una normativa stringente ed applicativa del principio know your customer rules.
Su tale questione torneremo più avanti con riferimento ai vincoli di trasparenza.

Le nuove definizioni ed il ruolo della Consob secondo la direttiva MiFID

Rilevanti modifiche sono state apportate con riferimento al TUF, sia con riferimento agli aspetti definitori e di ambito di applicazione della normativa, sia con riferimento alle prerogative della stessa Consob.

L’art. 1 del TUF fornisce il quadro delle definizioni dei termini utilizzati nella intermediazione finanziaria.
Merita di essere segnalato la riformulazione della nozione dei soggetti abilitati a svolgere i servizi di investimento. In tal senso sono stati inclusi unicamente coloro per i quali è previsto il rilascio in Italia dell’auotirizzazione allo svolgimento delle attività sopra accennate.
Infatti il nuovo art. 1, comma 5-septies del TUF considera l’attività di consulenza in materia di investimenti non più come accessoria, ma viene elevata al rango di servizio di investimento, per cui potrà essere esercitata esclusivamente da investitori autorizzati.
Per quanto concerne la stessa nozione di consulenza in materia di strumenti finanziari, questa è considerata personalizzata quando si esplica nel servizio effettuato nell’ambito dell’iniziativa del promotore finanziario o dietro richiesta del cliente e con riferimento ad un determinato prodotto finanziario e deve essere fornita sulle basi delle caratteristiche del cliente.
Non può considerarsi personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali distributivi (volantini, brochures, email, etc.)

Con riferimento alla nozione di strumenti finanziari, si è scelto di fare riferimento alla natura economica del rischio inerente allo strumento stesso e alla struttura sostanziale dello strumento. In tal senso è stata ampliata la gamma degli strumenti finanziari includendo anche i derivati su merci, i contratti derivati per il trasferimento del rischio sul credito, i titoli che comportano un regolamento in contanti determinato in relazione ai valori mobiliari, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure.

Il nuovo art. 1 comma 2-ter individua nella Consob (interessando la Banca d’Italia) l’autority addetta all’agevolazione dello scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri.

La vigilanza sugli intermediari sarà esercitata secondo il principio della ripartizione delle competenze tra Banca d’Italia e Consob sulla base delle finalità perseguite.
In particolar modo merita di esser segnalato che la Consob spetteranno compiti, nell’alveo della tutela degli investitori, buon funzionamento del sistema finanziario e competitività del sistema, di salvaguardia di fiducia nel sistema finanziario. In tal senso si rimanda a quanto si dirà nel paragrafo relativo alla Trasparenza del mercato.

In attuazione di tale panorama normativo, Banca d’Italia e Consob hanno approvato tre testi normativi ed il Protocollo d’intesa fra le due autorità.
Per quanto attiene ai Regolamenti approvati dalla Consob ricordiamo le delibere del 29 ottobre 2007 n. 16190/2007 e 16191/2007 (qui per il download in formato pdf), che vanno a sostituire il regolamento intermediari 11522/1998 e il regolamento mercati 11768/1998.
Tale circostanza merita particolare attenzione: infatti le cause intentate dai risparmiatori contro le banche intermediatrici per la nullità/annullabilità dei contratti di investimento con riferimento a quei titoli per quali la società emittente ha dichiarato il default, si basavano essenzialmente sugli articoli dal 26 al 29 del regolamento intermediari 11522/1998, attuativo dell’art. 21 del TUF.
Sul punto ritorneremo più avanti.

L’albo dei consulenti indipendenti

L’esercizio dell’attività di consulenza in servizi di investimento viene riservato dalla direttiva MiFID esclusivamente agli intermediari autorizzato, e quindi a:

  • Banche,
  • Imprese di investimento (Sim),
  • Società di gestione del risparmio.

Tuttavia l’art. 18-bis del Tuf istituisce l’albo dei consulenti indipendenti al quale potranno iscriversi le persone fisiche.
Viene attribuito al Ministro dell’Economia, sentita la Banca d’Italia e la Consob, il potere di emanare la normativa regolamentare in relazione ai requisiti necessari per l’iscrizione (si tratta di una specificazione dei necessari requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza patrimoniale).
Dovrà, altresì, essere previsto un organismo dotato di personalità giuridica, ordinato in forma di associazione con autonomia organizzativa e statutaria, i cui compiti saranno quelli della tenuta dell’albo.
Ulteriore compito di detto organismo (analogamente a quanto stabilito per Consob in relazione agli intermediari autorizzati: Banche, Sim, etc.), sarà quello di vigilare sul rispetto delle regole comportamentali da parte dei consulenti finanziari irrogand, se del caso, le relative sanzioni (sino alla radiazione).

Lungi dal voler entrare nell’esame di tale innovazione, ci limitiamo a rilevare, così come autorevolmente stigmatizzato dal Prof. Francesco Mazzini (professore associato di Diritto dell’economia nella Facoltà di Economia “Richard M. Goodwin” dell’Università degli Studi di Siena ed autore di un commento sulla Direttiva MiFID sul Guida al Diritto n. 45 del 17 Novembre 2007), che con tale articolo (18-bis del Tuf) viene compiuta una sorta di strappo alla regola, ovvero quella di riservare l’attività di intermediazione professionalmente esercitata nei confronti del pubblico a soggetti che assumano la forma di s.p.a.
In sé la disposizione non dovrebbe creare timori visto il fatto che chi esercita professionalmente tale attività (tale da essere una impresa di investimento) dovrebbe soddisfare una serie stringente di requisiti (fra i quali è previsto che tali consulenti indipendenti non possono detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti e una stringente disciplina dei requisiti patrimoniali).
Non possiamo, tuttavia, evidenziare che non basta prevedere delle norme, è altresì necessario che le autorità di vigilanza (l’organismo addetto alla tenuta dell’albo) vigilino fattivamente.

I vincoli di trasparenza nella prestazione dei servizi di investimento

Ultimo punto di questa trattazione, ma ci torneremo in prossimi articoli, attiene ai vincoli di trasparenza per gli operatori in materia di intermediazione finanziaria (in realtà ne abbiamo fatto già cenno durante tutta l’esposizione sopra effettuata).

Il punto di partenza rimane sempre quello dell’art. 21 del TUF, come modificato alla luce dei nuovi principi dettati dalla direttiva MiFID ²*.
E’ tuttavia importante sottolineare che la presente normativa è integrata dal Regolamento Consob 16190/2007 modificativo del precedente Regolamento 11522/1998.

Le più evidenti modifiche attengono, quindi, al dovere imposto agli intermediari di “servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”. In tal senso viene ulteriormente ampliata l’area di responsabilità dell’intermediario.
Inoltre viene stabilito l’obbligo a carico dell’intermediario di utilizzare “comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti”.

Per quanto attiene la disciplina dei contratti relativi alla prestazione dei servizi finanziari viene confermato l’obbligo della loro redazione in forma scritta, pena la nullità azionabile solo dal cliente/investitore. Tale obbligo tuttavia non vi è per la prestazione del servizio di investimento.
In sostanza la forma scritta è necessaria nel caso di ordine di acquisto degli strumenti finanziari.

Merita di essere particolarmente attenzionata la disciplina della gestione portafogli per conto terzi.
Infatti viene eliminata la regola secondo cui il gestore non poteva contrarre obbligazioni per conto del cliente che lo impegnassero oltre il patrimonio gestito (salvo autorizzazione scritta del cliente).
In sostanza stiamo parlando del così detto effetto leva, cioè di quel rischio di potere subire perdite anche oltre il valore del portafoglio gestito.
In tal senso tale eliminazione viene temperata dal fatto che, come prescritto dal regolamento Consob 16190/2007 all’art. 31 lett. a), nel contratto relativo alla gestione di portafoglio dovrà essere spiegato al cliente in cosa consiste l’effetto leva e dovrà essere indicato se il portafoglio del cliente possa essere caratterizzato o meno da tale effetto.

Ai sensi dell’art. 25 TUF viene inserita la possibilità di operare nei mercati regolamentati italiani, comunitari e extracomunitari riconosciuti dalla Consob , oltre che alle Sim e alle banche, anche da tutti quei soggetti che soddisfino una serie definita di requisiti (onorabilità e professionalità, un livello sufficiente di competenza e capacità di negoziazione, etc).
In tal senso registriamo l’abrogazione implicita del comma 1-bis introdotto dalla legge 262/2005.

E’ rilevante sottolineare che il D.Lgs 164/2007 ha introdotto il capo IV-bis nella parte II, titolo II, del TUF inerente la tutela degli investitori ³*.
n sostanza viene estesa alla prestazione dei servizi di investimento le previsioni del Codice del Consumo con riferimento alla legittimazione ad agire delle associazioni di consumatori e con riferimento alla legge sulla tutela del risparmio (L. 262/2005) in relazione alle procedure di conciliazione e arbitrato.

Ripetiamo ancora una volta, che tale disciplina relativa alla tutela degli investitori e ai doveri degli intermediari, deve essere letta in relazione al Regolamento Consob 16190/2007, ed in particolar modo con riferimento alla disciplina contenuta nel Libro III, Parte II del detto Regolamento.

Conclusioni

Sull’importanza di tali norme ritorneremo più avanti con altri articoli specificatamente dedicati alle varie disposizioni ivi contenute.
In tale sede, non possiamo non sottolineare la delicatezza di tale disciplina che va incidere in un ambito così delicato come quello della gestione del risparmio evidenziare, che a seguito dei grandi default di titoli e dissesti finanziari è salito alla ribalta delle cronache.
Oggi, in modo preoccupante e drammatico, nella bollente estate dei mutui subprime, sembra riproporsi con maggiore intensità.
Sarà quindi di importanza capitale analizzare, con riferimento a tale disciplina, le questioni attinenti ai rimedi esperibili, alla responsabilità precontrattuale e alla risoluzione per inadempimento di quei contratti viziati dalla violazione della normativa così introdotta.

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Note

1) Art. 28, commi 1 e 2 Regolamento Consob 11522/1998
(Informazioni tra gli intermediari e gli investitori)
1. Prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell’inizio
della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati
devono:
a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti
finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio.
L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero
da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore;
b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all’Allegato n. 3.
2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di
gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni
della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestiment
o.
(I successivi tre commi, poi, si riferivano alle ipotesi di patrimoni gestiti).

2) Art. 21 TUF come modificato dal d.Lgs 164/2007
1. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti;
d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.»;
1-bis. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le Sim, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del testo unico bancario, le banche italiane e quelle extracomunitarie:
a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, e li gestiscono, anche adottando idonee misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti;
b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a) non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato;
c) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.».

2. Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.

3) Art. 7. D.Lgs 164/2007: Inserimento del capo IV-bis del titolo II della parte II del TUF
«Capo IV-bis
TUTELA DEGLI INVESTITORI
Art. 32-bis (Tutela degli interessi collettivi degli investitori). – 1. Le associazioni dei consumatori inserite nell’elenco di cui all’articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono legittimate ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, connessi alla prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi accessori e di gestione collettiva del risparmio, nelle forme previste dagli articoli 139 e 140 del predetto decreto legislativo.
Art. 32-ter (Risoluzione stragiudiziale di controversie). – 1. Ai fini della risoluzione stragiudiziale di controversie sorte fra investitori e soggetti abilitati e relative alla prestazione di servizi e di attività di investimento e di servizi accessori e di gestione collettiva del risparmio, trovano applicazione le procedure di conciliazione e arbitrato definite ai sensi dell’articolo 27 della legge 28 dicembre 2005, n. 262. Fino all’istituzione di tali procedure, si applica l’articolo 141 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.».