L'istanza di fissazione di udienza nel rito societario ex art. 8 D.Lgs 5/2003: computo dei termini, le tesi,la giurisprudenza e l'estinzione del giudizio

L’istanza di fissazione d’udienza, così come disciplinata dall’art. 8 D.Lgs. 5/2003 e successive modifiche, assume la valenza di un fondamentale momento processuale, nel quale vengono disciplinati gli effetti (in positivo ed in negativo) del giudizio che fuori esce dalla mera disponibilità istruttoria delle parti, per giungere nella fase, per così dire, più propriamente giurisdizionale.

Una delle problematiche maggiormente riscontrate nell’applicazione dell’art. 8 D.Lgs. 5/2003 è quella relativa al computo dei termini per la notificazione della detta istanza.
Problematica che assume valore determinante considerando che a seguito della novella operata con il D.Lgs. 37/04 non solo è stato operato un ‘ampliamento del termine fisso per la notificazione della stessa, originariamente di sedici giorni, poi portato a venti, ma, soprattutto è stata prevista una modificazione della decorrenza dello stesso attraverso l’introduzione dell’inciso “dei termini di cui ai commi precedenti”.
Allo scadere dello stesso si verifica l’inevitabile estinzione del giudizio.

Nel prosieguo dell’articolo verranno analizzate le problematiche inerenti il computo del detto termine anche attraverso le pronunce giurisprudenziali sul tema.

L’art. 8 D.Lgs. 5/2003: i termini decorrenziali dell’istanza di fissazione d’udienza.

L’art. 8 D.Lgs 5/2003 recita:

Istanza di fissazione d’Udienza

1. L’attore può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro venti giorni:
a) dalla data di notifica della comparsa di risposta del convenuto cui non intende replicare, ovvero dalla scadenza del termine per la notifica della comparsa di risposta;
b) in caso di chiamata di terzo, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero dalla scadenza del termine per la notifica della comparsa di risposta;
c) dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare ovvero dalla scadenza del relativo termine.
2. Il convenuto può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro venti giorni:
a) se ha proposto domanda riconvenzionale ovvero sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore ovvero dalla scadenza del relativo termine;
b) se sono stati chiamati in causa terzi, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero dalla scadenza del relativo termine;
c) al di fuori dei casi precedenti, dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare ovvero dalla scadenza del relativo termine.
3. Il terzo chiamato ovvero intervenuto può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro venti giorni:
a) se ha proposto domanda riconvenzionale ovvero ha sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore o del convenuto ovvero dalla scadenza del relativo termine;
b) al di fuori del caso precedente, dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare ovvero dalla scadenza del relativo termine.
4. La mancata notifica dell’istanza di fissazione di udienza nei venti giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti o del termine per il deposito della memoria di controreplica del convenuto di cui all’articolo 7, comma 2, ovvero dalla scadenza del termine massimo di cui all’articolo 7, comma 3, determina l’estinzione del processo rilevabile anche d’ufficio. Il rilievo d’ufficio è precluso se l’udienza si è comunque svolta con la partecipazione di almeno una parte; in tal caso l’estinzione deve comunque essere eccepita, a pena di decadenza, entro la stessa udienza.
5. L’istanza di fissazione presentata fuori dei casi stabiliti dal presente articolo è dichiarata inammissibile, su richiesta della parte interessata depositata in cancelleria nel termine perentorio di dieci giorni dalla notifica dell’istanza, dal presidente che, sentite le parti, provvede con ordinanza non impugnabile; con lo stesso provvedimento, il presidente assegna il termine per lo svolgimento delle ulteriori attività eventualmente necessarie.
5 bis. Se nel processo sono costituite più di due parti, l’istanza di fissazione dell’udienza notificata da una di esse perde efficacia qualora, nel termine assegnato, un’altra parte notifichi una memoria o uno scritto difensivo.

Da ciò si ricava che la decorrenza del termine fisso di venti giorni decorre:

  • dalla scadenza di cui ai commi precedenti, ovvero i commi 1, 2 e 3;
  • dalla scadenza del termine per il deposito (più corretto notifica) della memoria di controreplica del convenuto ex art. 7, comma 2;
  • dalla scadenza del termine massimo di ottanta giorni dalla notifica della memoria di controreplica del convenuto ex art. 7 comma 2.

Diciamo subito che con riferimento al punto n. 2 (scadenza del termine per il deposito) tale termine è inesistente all’interno della disciplina del rito societario, sarebbe più corretto riferire tale termine alla notifica della memoria di controreplica del convenuto ex art. 7, comma 2.
Inoltre la Corte Costituzionale, con sentenza 11-24 luglio 2007, n. 321, in G.U. 1° serie speciale 1/8/2007, n. 30, ha disposto l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, lettera a).

Ma, aldilà di tali inconvenienti attribuili a spiacevoli, per così dire, refusi, non si può non rilevare come il computo dei termini così come delineato nella novella pone diversi problemi in quanto il dies a quo a partire dal quale cominciare ad effettuare tale computo come evidente, risulta variabile.

Se nella prima formulazione della legge per il computo dei termini si faceva riferimento a dei termini massimi assoluti, con la successiva modifica si è cercato di scongiurare gli inconvenienti dovuti alla possibile inerzia di una parte nello scambio di memorie introducendo l’inciso “termini di cui ai commi precedenti” (in verità si potevano trovare soluzioni decisamente migliori, considerando che all’interno del detto rito societario la presenza di più di due parti – costituite per chiamata od intervento- potrebbe far precipitare la questione relativa al computo dei termini).

Tesi e giurisprudenza in tema di computo dei termini della notifica dell’istanza di fissazione d’udienza

Sul corretto computo dei termini per la notifica dell’istanza di fissazione d’udienza, onde non inciampare nell’irrecuperabile esito di estinzione del giudizio ex art. 8, comma 4, si è formata una certa giurisprudenza che, sostanzialmente, si divide in due tesi contrapposte sulla corretta interpretazione da dare all’inciso “termini di cui a commi precedenti”.

Diciamo subito che una prima tesi – minoritaria e di prevalente impulso dottrinale – i termini previsti sono quelli di cui ai commi 1, 2, e 3, lett. a), b), c) aumentati di ulteriori venti giorni con riferimento alla prima parte del comma 4.
In sostanza: l’istanza di fissazione d’udienza andrebbe notificata entro quaranta giorni (20+20) dalla data dello scritto avversario cui non si intende replicare (o dalla scadenza del relativo termine).

Secondo la tesi maggioritaria (alla quale diciamo subito che lo scrivente aderisce) i termini di cui al comma 4 sono quelli indicati nelle lettere a), b), c) dei commi 1, 2, e 3.
Pertanto l’istanza di fissazione d’udienza deve essere notificata entro e non oltre i 20 giorni successivi alla scadenza di detti termini.

La tesi minoritaria: l’istanza di fissazione d’udienza e la duplicazione dei venti giorni.

Una certa dottrina (cfr. Briguglio: La riforma delle società. Il processo, a cura di Sassani, Torino, 2003), sostiene che il corretto significato da attribuire alla locuzione “termine dei venti giorni successivi” sia autonomo e del tutto scollegato dalla dinamica degli scambi di memorie ex art. 6 e 7.
In buona sostanza, una volta scaduti i termini previsti dai commi 1, 2, e 3 inizierebe a decorrere nuovamente il termine di venti giorni per proporre la detta istanza. Termine utilizzabile da tutte le parti processuali con l’inevitabile conseguenza che solo allo spirare di questo secondo termine, senza che nessuna parte abbia notificato l’istanza, si verificherebbe l’estinzione del giudizio.

Tale interpretazione si fonda, essenzialmente, sul dato letterale della norma in questione, la quale può essere interpretata nel senso che il termine (20 giorni) decorre dalla scadenza del termine di 20 giorni di cui ai commi precedenti.

Una prima censura a tale interpretazione risiede nel fatto che tale ricostruzione integrerebbe una applicazione abrogativa del comma 4, il quale verrebbe privato di un autonomo ambito applicativo.

In sostanza: i primi tre commi della norma prevedono la facoltà per le parti di notificare l’istanza di fissazione d’udienza, facoltà il cui mancato esercizio rimarrebbe privo di sanzione. Il quarto comma, invece disciplina un onere, per così dire concorrente, di tutte le parti in giudizio, sanzionato con l’estinzione del giudizio.

La giurisprudenza di merito sulla tesi minoritaria in tema di istanza di fissazione d’udienza

TRIBUNALE FOGGIA, ordinanza, 20 luglio 2006

“nel rito societario il termine di venti giorni previsto dall’art. 8, 4 comma, D.Lgs. 5/2003 per la notificazione dell’istanza di fissazione d’udienza decorre, per espressa previsione di legge, dalla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti e riguarda tutte le parti del giudizio”

Anche il TRIBUNALE DI COSENZA, Sentenza n. 1877/08, emessa il 09 luglio 2008, sostiene che:
“Innanzitutto deve essere rigettata l’eccezione di estinzione del giudizio a sostegno della quale la banca convenuta propone una interpretazione dell’art. 8 comma 4 del D.L.vo non condivisibile, in quanto contrastante con il dato letterale. Detta norma correla infatti l’estinzione del giudizio alla mancata notifica dell’istanza di fissazione d’udienza “nei venti giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti”. Deve di conseguenza ritenersi che, consumatosi il termine entro cui le parti possono domandare l’udienza ai sensi dei commi 1, 2 e 3 , si apre un ulteriore varco cronologico di venti giorni nel corso del quale le parti possono ancora notificare l’istanza onde evitare l’estinzione del giudizio”.

La tesi maggioritaria sul computo dei termini relativi all’istanza di fissazione d’udienza

Secondo la tesi maggioritaria l’inciso inerente il richiamo di cui ai commi 1, 2, e 3 deve essere letto nel senso che la parte alla quale spetta dedurre secondo l’alternanza degli scambi di memorie o provvede a notificare il proprio atto difensivo entro il termine di legge ovvero in quello più ampio assegnatole dalla controparte – così manifestando la volontà di proseguire la fase preparatoria – ovvero notificare l’istanza di fissazione d’udienza entro il termine di legge o in quello più ampio assegnatole – così ponendo fine agli scambi .

Schematizzando quanto sopra evidenziato:
Nel nuovo rito societario la parte che si vede notificato un atto (sia esso la comparsa di risposta, ovvero una memoria), deve necessariamente scegliere tra replicare (entro il termine assegnato), ovvero notificare l’istanza di fissazione d’udienza (entro venti giorni dalla notifica).
Tertium non datur.
In sostanza una parte che si vede notificato un atto dovrà essere celere nel decidere cosa fare: avrà 30 giorni (se vuole notificare una memoria), 20 giorni se vuole notificare l’istanza di fissazione di un udienza.
La parte, invece, che ha notificato un atto, dovrà necessariamente attendere la scadenza del termine concesso all’altra per replicare, inutilmente decorso tale termine avrà l’ulteriore termine (di 20 giorni) per notificare l’istanza di fissazione d’udienza.

In tal senso accedendo a tale interpretazione, se da un lato l’inconveniente è quello di eliminare la rilevanza del termine previsto dai primi tre commi dell’articolo in esame.

A favore di questa tesi, tuttavia, si pongono ragioni di ordine sistematico, ermeneutico, letterale ed anche teleologico, ovvero conformi alla ratio legis.

Infatti, il momento in cui le parti del giudizio sono certe che che lo scambio delle memorie si è concluso, con conseguenziale definizione del thema decidendum è, nel processo societario, diverso a seconda delle proprie posizioni attive (dover replicare) o passive (attesa della memoria altrui).

L’alternanza degli scambi all’interno del processo societario è fatto di tempi rigidi, collegato ad un sistema di preclusioni relative ai comportamenti attivi od omissivi della parti del giudizio.
Tale sistema risponde perfettamente all’esigenza di riordino processuale in una materia che ha come scopo la riduzione dei tempi del giudizio.

Inoltre il verbo “può” utilizzato nei primi tre commi, è cosa ben diversa dal verbo “deve”, ed in tal senso suggerisce l’idea della possibilità di scelta fra replicare o chiedere la fissazione d’udienza.

In ultimo il principio della parità delle armi implica che non possano essere consentiti ad una parte poteri ultrattivi, ovvero attivarsi per la fissazione d’udienza una volta scaduto il proprio termine per le repliche.

Copiose sono le sentenze e ordinanze che accedono a tale interpretazione.

La giurisprudenza sulla tesi maggioritaria in tema di istanza di fissazione d’udienza

TRIBUNALE DI MILANO, ordinanza, 16 settembre 2004

“La scadenza del termine di trenta giorni dalla notificazione della comparsa di risposta costituisce il momento iniziale di decorrenza del termine di venti giorni prescritto dall’art. 8, c. 2, lett. a), D.L.vo 7/1/2003 n. 5 per la notificazione dell’istanza di fissazione di udienza da parte del convenuto nel caso in cui l’attore non abbia provveduto nè a notificare la memoria di replica, nè a notificare l’istanza di fissazione d’udienza”

TRIBUNALE IVREA, ordinanza, 11 novembre 2004

“Ritenuto che appare sussistere la causa estintiva eccepita da parte attrice, in quanto il convenuto ha notificato l’istanza di fissazione di udienza (il 23 luglio 2004) ben oltre il termine di giorni 20 di cui all’art.8 1 comma, decorrente dal termine da lui assegnato all’attrice (20 giorni dalla notifica), per replicare alla propria memoria notificata il 1 giugno 2004;
– rilevato che l’art.8 non contempla espressamente la fattispecie de qua, ma che tuttavia tale lacuna normativa, come suggerito dalla miglior dottrina, debba essere colmata in base alla ratio legis della disciplina processual-societaria, e quindi si debba far decorrere il termine decadenziale di giorni 20 previsto dal comma 1 dell’art.8, dal momento in cui entrambe le parti sono certe che lo scambio di memorie si è interrotto (e perciò il thema decidendum si è cristallizzato), vale a dire alla scadenza del termine assegnato alla controparte per notificare eventuale replica (termine quindi conosciuto da entrambe le parti in causa).
Non è possibile ritenere che nella fattispecie non sussista un termine massimo oltre il quale si decade dalla possibilità di chiedere tempestivamente la fissazione di udienza, perché ciò contrasterebbe con la ratio che informa tale nuovo rito, di certezza di tempi celeri e predeterminati di definizione dei giudizi.
Né al contempo può essere accolta l’interpretazione delle norme offerta da parte convenuta, la quale ritiene che in caso di inattività dell’attore, il termine decadenziale a carico del convenuto per chiedere la fissazione d’udienza, vada individuato nella previsione dell’ultimo comma dell’art.7, e quindi, a suo dire, entro il termine di 80 giorni dalla notifica della prima memoria di replica da parte dell’attore ( nella specie il 6 maggio). Infatti ad avviso di questo Giudice la previsione dell’ultimo comma dell’art.7 si riferisce alla cosiddetta fase preparatoria, imponendo alle parti un termine massimo di 80 giorni per lo scambio di memorie, nulla avendo a che vedere con la tempistica dell’istanza di fissazione d’udienza, che trova la sua compiuta disciplina nel successivo articolo 8.
In ogni caso il predetto termine di 80 giorni decorre, secondo la lettera della legge, dalla notifica della seconda memoria di controreplica da parte del convenuto, che nella fattispecie non si è neppure verificata, in quanto le parti hanno interrotto la loro attività difensiva allo scambio di una sola memoria di replica e controreplica, ragione per la quale il richiamo fatto dal convenuto al termine di giorni 80 di cui all’ult. comma dell’art.7 appare non appropriato”.

TRIBUNALE DI ROMA, ordinanza , 18 Novembre 2004

“con l’istanza di fissazione dell’udienza, ciascuna delle parti, nel nuovo processo, può chiedere l’intervento del giudice, ponendo fine alla fase introduttiva dello scambio di scritti difensivi, determinando il prodursi delle preclusioni, in punto di eccezioni, difese e richieste di prove, e dando al processo l’impulso necessario e funzionale alla decisione della controversia, tanto che la mancata presentazione di tale istanza, entro i termini che servono ad impedire una dilatazione del procedimento, è causa di estinzione del processo stesso,
– per l’attore, il primo comma della suddetta disposizione prevede che l’istanza di fissazione dell’udienza possa essere promossa “entro venti giorni…dalla data di notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare” (lett.c) e la stessa decorrenza è ripetuta, nei commi successivi, per il convenuto ed il terzo chiamato;
– in questa ipotesi, la notifica dell’istanza è legata dunque ad una scelta strategica della parte, da un lato, di accelerazione del processo e, dall’altro, di concentrazione, potendo così tale parte impedire alle altre di ulteriormente argomentare, modificare il thema decidendum e produrre mezzi di prova;
– decorsi venti giorni “dalla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti” la mancata notifica dell’istanza di fissazione dell’udienza determina poi l’estinzione del giudizio, nella specie eccepita da una delle parti;
– essendo stata notificata dalla Banca 121 P.F. la seconda memoria difensiva ex art.7 in data 8/7/2004, l’attore, non intendendo replicare a detta memoria con propria ulteriore memoria di replica (ex art.6, comma 2, e 7, comma 2), doveva notificare l’istanza per la fissazione dell’udienza, secondo il primo comma dell’art.8, entro il termine di venti gg. e quindi entro il 28/7/2004 o al più, secondo il quarto comma dell’art.8, entro il termine di 20 gg. + 20 gg. e quindi, considerata la sospensione dei termini durante il periodo feriale, entro il 2/10/2004;
– né può dirsi che l’attore doveva comunque attendere il termine, di trenta gg., assegnatogli dalla intervenuta per l’eventuale ulteriore replica, sia perché si tratta di termine concessogli solo per replicare ulteriormente sia perché una tale interpretazione (fare decorrere cioè il termine per la notifica dell’istanza non dalla notifica dell’altrui memoria ma comunque e sempre dalla scadenza del termine ivi concesso), non letterale peraltro, condizionerebbe e ricollegherebbe l’iniziativa di impulso processuale di una delle parti al termine assegnato dalla controparte (con possibili finalità anche di dilatazione del processo);
– l’istanza dell’attore, in quanto notificata solo il 7/10/2004, deve dunque ritenersi tardiva, con conseguente estinzione del giudizio, con compensazione delle spese (considerata anche la complessità e novità delle questioni controverse)
”.

TRIBUNALE DI MILANO, ordinanza, 2 dicembre 2004

“che tale interpretazione (con riferimento alla tesi della duplicazione dei 20 giorni, ndr) non appare convincente, poiché svaluta il termine di 20 giorni di cui all’art. 8 co. 1-2-3 (in cui l’uso del termine “può”, anziché “deve” notificare istanza di fissazione di udienza, enfatizza la facoltà alternativa della parte, senza significare affatto una preclusione alla sanzione processuale dell’estinzione) e finisce sostanzialmente per concedere alla parte che non intende replicare un termine di 20+20=40 giorni, sperequato rispetto ai 20 giorni spettanti alla controparte;
che deve ritenersi che l’art. 8 co.4 faccia riferimento al dies a quo dei termini previsti in ciascuna delle ipotesi previste dai comma 1-2-3, il disagevole tenore testuale del co.4 (“la mancata notifica dell’istanza di fissazione di udienza nei venti giorni successivi alla scadenza dei termini…”) intendendo semmai significare che nel meccanismo di batti e ribatti processuale, caratteristico della c.d. fase introduttiva/preparatoria, il termine decorre a carico della parte a cui è rimessa l’iniziativa;
che quindi, con particolare riferimento alla fattispecie (in cui si applica l’art. 8 co.1 lett.c), l’attrice nel termine di 20 giorni (dies a quo riferito alla data di notifica dell’atto di controparte che impone la necessità di un certo comportamento processuale) poteva replicare ovvero notificare istanza di fissazione di udienza, mentre soltanto la convenuta (in caso di inerzia dell’attrice altrimenti priva di un termine per notificare istanza di fissazione di udienza) spetta il termine dei 20 giorni “successivi”
.

Queste sono le ordinanze, per così dire storiche, ma in tal senso ripercorrono gli stessi iter argomentativi anche alcune recentissime, in particolar modo:

Tribunale di Grosseto 19- 21 febbraio 2008, Tribunale di Bari 1 febbraio 2008, Tribunale di Bologna 5 settembre 2006, Tribunale di Bari 11 luglio 2005, Tribunale di Brindisi 10 giugno 2005.

In particolar modo è stata fatta ulteriore chiarezza sul punto con l’ordinanza del Tribunale di Ivrea 30 maggio 2008 (in Guida al Diritto n. 43 del 2008).
Il Tribunale chiamato a pronunziarsi sul punto ha stabilito che “nel rito societario, la parte che non intenda replicare all’avversario ha l’onere di notificargli l’istanza di fissazione d’udienza nel termine perentorio di venti giorni dalla ricezione della relativa difesa, pena l’estinzione del giudizio, a meno che l’altra parte non provveda essa stessa alla notificazione dell’istanza negli ulteriori venti giorni successivi”.

La Sentenza della Corte Costituzionale sull’istanza di fissazione d’udienza

Merita, in ultimo, essere segnalata la Sentenza Corte della Corte Costituzionale 20 giugno 2008 n.221

Nella stessa la Corte osserva che:
“La disposizione in scrutinio non appare irragionevole alla stregua delle seguenti considerazioni. Anzitutto, la sanzione della estinzione per l’inosservanza del termine suddetto è in armonia con il criterio della celerità del giudizio che informa il rito societario e con la necessità di evitare stasi nello svolgimento del processo. Inoltre, la disposizione censurata attiene alla fase del procedimento che precede l’intervento del giudice, con la conseguente opportunità di una misura che, come l’estinzione, opera di diritto. Siffatto rilievo dimostra anche che non è pertinente il paragone con la disciplina della mancata comparizione delle parti in udienza, trattandosi di situazioni processuali diverse.
Si osserva infine, da un lato, che la garanzia costituzionale del diritto di difesa non comporta la illegittimità di preclusioni e decadenze processuali e la conseguente necessità che ogni giudizio si concluda con una decisione di merito e, dall’altro, che l’estinzione del processo non incide, in linea generale, in modo definitivamente pregiudizievole sul diritto di azione e sul rapporto sostanziale dedotto in causa. ”

E ciò viene statuito proprio con riferimento alla seguente circostanza:

“Nel corso di una controversia concernente rapporti societari il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, con ordinanza del 4 giugno 2007, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’art. 2 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), nella parte in cui stabilisce che «la mancata notifica dell’istanza di fissazione dell’udienza nei venti giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti, o del termine per il deposito della memoria di controreplica del convenuto di cui all’art. 7, comma 2, ovvero dalla scadenza del termine massimo di cui all’art. 7, comma 3, determina l’estinzione immediata del processo», anziché la cancellazione della causa dal ruolo”.

Pertanto la questione presa in considerazione dalla Corte Costituzionale aveva come oggetto proprio la circostanza per cui l’istanza di fissazione d’udienza era stata notificata alla convenuta oltre i venti giorni dalla data di notifica della memoria della medesima. A seguito di ciò il Tribunale aveva dichiarato l’estinzione del giudizio poiché “la chiarezza della letterale formulazione della disposizione è tale da non consentire un’interpretazione diversa da quella che fa decorrere il termine perentorio dalla notifica della memoria di controparte, come nel caso in esame, o dagli altri eventi indicati nell’art. 8 del d.lgs. n. 5 del 2003”.