La normativa relativa al riutilizzo dei dati: il commento al D.L. 24 gennaio 2006, n. 36 e modifiche successive

Grazie ad un re-tweet di Antonio Falciano, mi imbatto nella lettura di questo articolo su Forum PA: L’Europa plaude alla direttiva italiana sul riutilizzo dei dati pubblici:

La Commissione ha accolto con favore l’adozione della nuova regolamentazione italiana volta ad adempiere gli obblighi derivati dalla direttiva UE sul riutilizzo dell’informazione pubblica e ha pertanto chiuso il procedimento di infrazione aperto nei confronti del nostro paese. (…) L’Italia ha ora modificato la sua legge sull’ISP e le modifiche sono entrate in vigore il 10 luglio 2010. Più in particolare, queste modifiche integrano il principio generale dell’articolo 3 della direttiva UE sul riutilizzo dell’informazione pubblica in possesso degli enti pubblici e modificano altre disposizioni che in precedenza restringevano la portata della legislazione sul riutilizzo a causa della mancanza di proprietà dei dati richiesti da parte dell’ente pubblico interessato o per loro stessa natura (p. es. proprietà terriera o dati statistici).
Alla luce della nuova legge, la Commissione si dichiara soddisfatta che l’Italia si sia conformata agli obblighi derivati dalla direttiva UE sull’informazione del settore pubblico.

Dall’ultimo articolo scritto su inDiritto e con riferimento alle problematiche evidenziate in altri post su TANTO, penso di essermi perso qualcosa sul riordino della materia del riutilizzo dei dati.
Dopo una breve analisi delle presunte modifiche scopro che in verità poco o nulla è cambiato, che la Commissione non ha ben inteso quale sia lo stato del diritto al riutilizzo nel nostro paese e che, purtroppo, mancano analisi critiche sul tema anche in siti che dovrebbero essere specializzati sul tema.

In questo fine settimana, allora, mi sono preso la briga di scrivere questo documento nelle cui note vengono analizzate le falle e le incongruenze della normativa, la sua sostanziale inadeguatezza ed, in definitiva, il rammarico per una occasione persa.

Decreto Legislativo 24 Gennaio 2006, n. 36 Riutilizzo Dei Dati e Commento http://d1.scribdassets.com/ScribdViewer.swf

In questa sede ci preme rilevare l’inadeguatezza del D.L. e successive modifiche che traspare sin dal suo incipit, là dove leggiamo:

Articolo 1. Oggetto ed ambito di applicazione
1. Il presente decreto legislativo disciplina le modalità di riutilizzo dei documenti contenenti dati pubblici nella disponibilità delle pubbliche amministrazioni e degli organismi di diritto pubblico.
2. Le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico non hanno l’obbligo di consentire il riutilizzo dei documenti di cui al comma 1. La decisione di consentire o meno tale riutilizzo spetta all’amministrazione o all’organismo interessato, salvo diversa previsione di legge o di regolamento.

Pertanto, se la P.A. non ha l’obbligo di consentire il riutilizzo, allora di cosa stiamo parlando?

Da sola questa previsione vanifica, di fatto, il valore del presente decreto. In pratica viene detto: l’amministrazione pubblica rende disponibile e consente il riutilizzo dei dati solo se lo vuole, salvo i casi tassativi per legge nei quali è obbligata a consentire il riutilizzo di tali dati. Ora, il principio dovrebbe essere esattamente l’opposto: la P.A. deve rendere obbligatoriamente riutilizzabili e disponibili i dati (necessariamente in formato elettronico, aggiornato e liberamente accessibile), salvo i casi tassativi per legge nei quali è vietato. La previsione di cui in commento equivale a consentire l’inerzia della PA. Se la decisione di consentire o meno tale riutilizzo è demandata alla P.A. o all’organismo interessato, si potrebbe avere, inoltre, una discriminazione fra i cittadini delle varie regioni: ad esempio in Piemonte la P.A. rende disponibile e riutilizzabile un determinato dato, mentre in Sicilia il medesimo dato non viene reso disponibile, né riutilizzabile. Non vi sarebbe discrezionalità della P.A., bensì mero arbitrio.

L’intero D.L., di fatto, è un autentico campionario di norme ostative al concreto riutilizzo dei dati:

  • “Art. 2 -Definizioni –  lett. h) (…) licenza standard per il riutilizzo: il contratto, o altro strumento negoziale, redatto ove possibile in forma elettronica, nel quale sono definite le modalità di riutilizzo dei documenti delle pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto pubblico”.
    Sarebbe stato opportuno obbligare la P.A. a rendere disponibile il contratto in forma elettronica, anziché rendere tale disposizione una mera facoltà.
  • “Articolo 3. Documenti esclusi dall’applicazione del decreto (…) lett. c e d (..) c) quelli nella disponibilità di istituti d’istruzione e di ricerca quali scuole, università, archivi, biblioteche ed enti di ricerca, comprese le organizzazioni preposte al trasferimento dei risultati della ricerca; d) quelli nella disponibilità di enti culturali quali musei, biblioteche, archivi, orchestre, teatri lirici, compagnie di ballo e teatri”.
    Risulta contestabile tale disposizione. Infatti i dati detenuti da tali enti dovrebbero essere i primi a poter essere riutilizzati (ovviamente secondo modalità ben definite). Se l’Università o gli altri enti di ricerca sono sovvenzionati con denaro pubblico i risultati della ricerca dovrebbero essere da tutti utilizzabili. Ciò implementerebbe lo sviluppo economico-imprenditoriale. Rimane, comunque, sempre possibile stabilire delle licenze di riutilizzo (ad esempio le Creative Commons) nelle quali può essere consentito il riutilizzo per fini non commerciali, salvo il caso di concedere il riutilizzo per fini commerciali attraverso appositi accordi.
  • “Articolo 5. Richiesta di riutilizzo di documenti: (…) Il titolare del dato esamina le richieste e rende disponibili i documenti al richiedente, ove possibile in forma elettronica, entro il termine di trenta giorni, prorogabile di ulteriori trenta giorni nel caso in cui le richieste siano numerose o complesse”.
    Vedi i punti precedenti. Ma la situazione è ancora più aberrante perché in questo caso si tratta proprio dei dati e non solo delle licenze. In tal caso, è opportuno rammentare, che i dati non sono concretamente utilizzabili se non sono inseriti secondo le modalità del documento elettronico ed inoltre devono essere completi, primari, tempestivi, accessibili (anche nell’accezione di indicizzati dai motori di ricerca), leggibili da computer, non discriminatori, non proprietari, ed anche – diciamo noi -liberi e gratuiti.
  • “Articolo 7. Tariffe”
    Risulta paradossale – fra l’altro – il fatto che per l’uso non commerciale, anziché essere incoraggiato, venga, invece, previsto un corrispettivo. In tale caso questa scelta risulta contraddittoria ed irrazionale. Infatti, l’uso non commerciale costituirebbe anche per la stessa pubblica amministrazione un duplice vantaggio: un vantaggio per la comunità ed un vantaggio in tema di funzionalità per la stessa P.A. che potrebbe utilizzare il lavoro effettuato sui propri dati in modo produttivo.

Potremmo continuare, ma vi rimandiamo alla lettura del documento per comprendere l’incongruenza della normativa.