Il diritto dell’agente (e per altro verso del mediatore) alla provvigione, è un tema – anche di recente – molto dibattuto sia in dottrina, che nelle aule dei tribunali.
Le caratteristiche principali, nel diritto italiano, relative all’opera dell’agente, sono rinvenibili nella disciplina dettata dagli articoli artt. 1742-1753 del codice civile.
Preliminarmente, merita esser ricordato che la stessa Corte di Cassazione Sezione Lavoro per la prima volta con la sentenza n. 4817 del 18 maggio 1999, ha riconosciuto il diritto alla provvigione del così detto agente di fatto, e ciò in forza del richiamato principio espresso nella sentenza del 30 aprile 1998 della Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella quale si affermava testualmente “la direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986 86/643/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all’iscrizione dell’agente di commercio in un apposito albo“.
La direttiva n.86/653/CEE tutela gli agenti di commercio a prescindere dalla loro iscrizione in un albo, e – nel lasciare agli Stati membri la facoltà di imporre la forma scritta ad substantiam – non menziona altre condizioni in base alle quali sia possibile subordinare la validità del contratto.
Per quanto attiene più specificatamente al diritto alla provvigione, sempre nell’ordinamento italiano, segnaliamo che il diritto del mediatore alla provvigione matura in forza della conclusione di un affare che sia in rapporto causale con l’opera svolta (in tal senso di recente Corte di Cassazione SEZ. III, Sentenza 5 marzo 2009, n. 5348).
In particolar modo ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, i giudici di legittimità hanno riconosciuto come sufficiente il fatto che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera svolta dal mediatore/agente per l’avvicinamento dei contraenti. Tuttavia, tale attività deve rappresentare il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti.
Inoltre, con la sentenza sopra citata, viene, per altro verso, (sempre con riferimento all’operato dell’agente/mediatore ed in relazione alle prestazioni svolte, quindi in relazione al maturare del diritto alla provvigione/compenso), riaffermato il principio dell’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza applicabile sia in ambito contrattuale, sia in quello extracontrattuale.
Questo il quadro di massima dell’ordinamento italiano in tema di diritto alla provvigione dell’agente.
L’Avv. Valerio Sangiovanni, nell’articolo che di seguito pubblichiamo per gentile concessione di UTET Giuridica già apparso in Obbligazioni e Contratti, 2010, fasc. 1, pp. 57-64, ci offre una panoramica dell’atteggiarsi del diritto alla provvigione dell’Agente nell’ordinamento tedesco, grazie anche alla sua competenza di Avvocato (Rechtsanwalt) in Germania.
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