La recente pronunzia della Corte di Cassazione a SS.UU. del 9 settembre 2010, n. 19246, ha gettato nello scompiglio numerosi studi legali.
Ricordiamo che – seppur in tema di obiter dicta – la Suprema Corte aveva enunciato il principio di diritto secondo cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà per il solo fatto che l’opposizione sia stata proposta, a prescindere dal fatto dell’assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello ordinario.
Da tale circostanze discende il fatto che la tardiva costituzione dell’opponente va equiparata a mancata costituzione derivandone l’improcedibilità dell’opposizione e la convalida del decreto.
Di seguito a tale pronunzia numerosi Tribunali di merito sono intervenuti, in varia maniera, cercando di ovviare a conseguenze processuali che, se confermate, si dimostrerebbero devastanti per molte cause.
Più in particolare molte Corti di merito hanno fatto riferimento all’istituto disciplinato dall’art. 153 c.p.c. secondo il quale il Giudice potrebbe rimettere in termini la parte che abbia incolpevolmente violato un termine perentorio: “La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma“.
In verità non poche perplessità potrebbe suscitare tale soluzione specialmente con riferimento ad una ipotesi di tal genere (una sentenza che muta orientamento può essere considerata alla stregua di un fatto giuridico?).
Sul punto, inoltre, non possiamo non segnalare alcune pronunzie della Corte di Cassazione che, invece, hanno argomentato in tale maniera (ORDINANZA INTERLOCUTORIA N. 14627 DEL 17 GIUGNO 2010):
Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, la parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, incorre in errore scusabile ed ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dell’art. 184 bis cod. proc. civ., “ratione temporis” applicabile, anche in assenza dell’istanza di parte, se, esclusivamente a causa del mutamento di orientamento interpretativo, si sia determinato un vizio d’inammissibilità od improcedibilità dell’impugnazione dovuta alla diversità delle forme e dei termini da osservare sulla base del nuovo orientamento sopravvenuto alla proposizione del ricorso.
D’altro canto si è avuto modo di argomentare con riferimento al c.d. principio di irretroattività del diritto vivente (overruling istituto che caratterizza gli ordinamenti di Common Law). Il c.d. stare decisis in senso verticale non esiste nel nostro ordinamento, ed in tal senso, il giudice è sempre libero di interpretare secondo il proprio convincimento e la propria discrezionalità la disposizione di legge discostandosi dalle posizioni della Suprema Corte.
A mio avviso è questo che un Giudice dovrebbe fare in una situazione del genere: argomentare in modo corretto enunciando i principi giuridici, logici ed ermeneutici in base ai quali discostarsi dalla pronunzia della Suprema Corte.
Delle due l’una: o la Corte di Cassazione ha centrato nel segno ricostruendo correttamente la fattispecie relativa ai termini di costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ovvero ha errato. In quest’ultimo caso non mancherà ad un avvocato o ad un giudice spiegare le corrette motivazioni a sostegno delle proprie tesi evidenziando i vizi del ragionamento della Suprema Corte.
Certamente le fattispecie di natura procedurale – in forza del principio tempus regit actum – creano particolari problemi.
Segnaliamo che, proprio a causa delle sopra evidenziate difficoltà, è stato presentato al Senato un Disegno di Legge n. 2386, ad iniziativa del Senatore Berselli, composto da un articolo solo, che mira a fornire la “Interpretazione autentica dell’articolo 165, primo comma, del codice di procedura civile, in materia di abbreviazione dei termini di costituzione nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo“, il quale recita:
1. L’articolo 165, primo comma, del codice di procedura civile, si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del medesimo codice.
Di seguito rimandiamo al documento già pubblicato su OpenParlamento:
Non ci resta che vedere quale sarà l’esito della vicenda.