Mediazione e Conciliazione civile Decreto Legislativo n. 28 del 2010: il documento deliberativo sulla mediazione redatto dall'A.N.F.

Si susseguono, in questi giorni, sempre più frequentemenete e da parte di diversi organismi associativi forensi (Unione Nazionale delle Camere Civili, OUA, CNF), delle levate di scudi – più o meno serrate –  contro il D.Lgs. n. 28/2010 sulla Mediazione/Conciliazione in materia civile.

Avevamo immediatamente, sin dal progetto di decreto legislativo, espresso tutte le nostre riserve in ordine alla formulazione del D.Lgs. le cui ombre e contraddittorietà ci sembrano ancor più evidenti adesso con riferimento al testo definitivo.

In particolar modo i dubbi espressi in merito sono di triplice natura:

  • Il D.Lgs.  più che una funzione deflattiva del contenzioso, sembra avere una funzione dilatoria del contenzioso. La stessa mala fede del legislatore, peraltro, è evidente già nell’art. 7 là dove viene previsto che “ Il periodo di cui all’articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 1, non si computano ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89“. Ovvero la durata delle mediazione/conciliazione, pur essendo un presupposto processuale o un atto endoprocessuale, non si computa ai fini della determinazione della durata del giusto processo.
  • Tecnicamente la redazione del D.Lgs. 28/2010 presta il fianco a molteplici dubbi interpretativi, incongruenze, contraddittorietà e lacune che porteranno inevitabilmente alla vanificazione della funzione del medesimo decreto.
    A titolo puramente esemplificativo ricordiamo: 1) la determinazione della priorità temporale delle domande di mediazione laddove vengano progressivamente ad essere interessati soggetti diversi non è chiaramente determinata; 2) la non corretta determinazione della priorità temporale di più domande di mediazione laddove esse non siano perfettamente coincidenti nell’oggetto e nelle ragioni della pretesa. Ciò non solo all’interno del giudizio come criterio oggettivo di decisione da impartire al giudice, ma, soprattutto, nella fase pregiudiziale, ben potendosi avere che più organismi aditi decidano comunque di procedere alla mediazione in ragione appunto dei non perfettamente sovrapponibili petitum e causa petendi; 3) il non definito iter procedurale nel caso in cui, in un giudizio instauratosi a seguito di una mediazione conclusasi con esito negativo, intervenga un terzo o perché chiamato in garanzia o perché interveniente ex art. 105 c.p.c. o perché chiamato iussu judicis; 4) l’inesistenza di norme in tema di competenza sia territoriale che per materia, di talché la scelta dell’organismo da adire è lasciata al mero arbitrio di una delle parti che potrà imporlo per effetto della sola priorità temporale all’altro o agli altri soggetti coinvolti nella vertenza; 5) il termine di quattro mesi previsto per la durata complessiva dell’intero procedimento si mostra del tutto incongruo con larga parte delle materie per le quali l’esperimento del procedimento di mediazione è previsto a pena di improcedibilità della domanda giudiziale; 6) i criteri di riserbo e di segretezza di cui agli artt. 9 e 10 previsti dal decreto legislativo in esame rischiano di snaturarne la natura di atto che non solo si fonda sul principio dell’imparzialità, ma che, nel contempo, deve manifestare all’esterno ed in modo trasparente i crismi di detta imparzialità; ciò non solo nel rapporto interno fra le parti ma anche in ordine alla lettura della proposta di conciliazione cui il giudice è tenuto nel merito per determinare l’attribuzione delle spese processuali. Ovviamente, il problema si pone essenzialmente nel caso in cui, fallita l’opera di conciliazione, il mediatore dovrà stilare una ufficiale proposta di soluzione della controversia; 7) il rispetto dei tempi del procedimento prescritti in modo non perentorio in 120 giorni. Il cittadino correrà il rischio di vedere allungati i tempi di soluzione della controversia e di vedersi sommare ai tempi del procedimento giudiziario quelli del procedimento di mediazione.
  • In ultimo non si può non osservare come il cittadino correrà il rischio di dover sommare alle spese del procedimento giudiziario quelle del procedimento di mediazione. Ricordiamo che i costi della mediazione possono consistere: a) nell’indennità dovuta al mediatore e/o mediatori, b) nell’eventuale e probaile compenso dovuto agli ausiliari del mediaore (dei veri e propri consulenti tecnici che possono essere più di uno), c) nell’eventuale compenso dovuto a chi assiste il cittadino nel procedimento di mediazione, d) nell’eventuale compenso dovuto ai consulenti tecnici di parte. Chi sopporterà tali costi? Il giudice potrà, in caso di giudizio, accollare i costi della mediazione alla parte soccombente? E su quali presupposti?

In buona sostanza, e come peraltro già rilevato a suo tempo, espriamo tutte le nostre preplessità in ordine al raggiungimento di quel risultato deflattivo del contenzioso civile che rappresenta la finalità principale dello schema di decreto legislativo in esame. Detto contenzioso, anziché essere spinto in agevoli canali di deflusso, correrà il rischio di vedersi impantanato nelle problematiche e nelle incongruenze del sistema posto in essere. L’istituto della mediazione così come delineato dal presente schema legislativo non garantisce al cittadino né imparzialità decisionale, né riduzione dei tempi di soluzione della controversia, né riduzione dei costi di giustizia.
L’obbligatorietà del procedimento, che contrasta fortemente con l’informalità dello stesso, non sembra possa rappresentare, in assenza di validi elementi di significativa e sicura
convenienza, la via maestra per far crescere nel cittadino una “cultura” della conciliazione.

Rilevato quanto sopra, e grazie alla segnalazione dell’Avv. Pietro Manzella (Segretario della Camera Civile di Palermo), di seguito pubblichiamo il documento redatto dall’A.N.F. sulla mediazione/conciliazione in materia civile.

In estrema sintesi queste sono le richieste contenute del detto documento:

  1. Abrogare immediatamente e con effetto retroattivo il comma 3 dell’art.4 (obbligo dell’Avvocato di dare al cliente, al conferimento dell’incarico, informativa scritta della possibilità di conciliare la vertenza e di allegare suddetta informativa al fascicolo di causa, a pena dell’annullabilità del contratto d’opera professionale);
  2. Limitare l’obbligatorietà del preventivo procedimento di conciliazione solo ad alcune delle controversie attualmente indicate dall’art.5, espungendo quelle introdotte successivamente (risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti) e quelle che, per la loro natura, hanno evidentemente scarsa possibilità di successo ( ad esempio la divisione e le successioni ereditarie);
  3. Prevedere un periodo di sperimentazione dell’istituto della conciliazione, limitandone la sua applicazione obbligatoria, onde valutarne in concreto pregi e problematiche;
  4. Differire comunque il termine di entrata in vigore dell’obbligatorietà del procedimento di conciliazione ad almeno 12 mesi dalla pubblicazione dei decreti attuativi;
  5. Prevedere l’obbligatorietà dell’assistenza legale nel procedimento di mediazione;
  6. Abrogare la facoltà del mediatore di formulare una proposta conciliativa, in assenza del consenso di tutte le parti;
  7. Abrogare tutte le disposizioni che prevedono, a carico delle parti, una conseguenza nel successivo giudizio per effetto del comportamento tenuto nel corso del procedimento di mediazione;
  8. Prevedere la competenza territoriale degli Organismi di Conciliazione, da collegarsi comunque a quella del Giudice competente a conoscere l’eventuale, successivo, processo giudiziario.

Di seguito pubblichiamo l’intero documento:
Mediazione e Conciliazione http://d1.scribdassets.com/ScribdViewer.swf

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