Uno deve fare quello che deve fare

di: Avv. Gerlando Gibilaro

Il 05 aprile 2011 ASGI Sezione Sicilia e AIGA hanno organizzato l’evento formativo dal titolo: Direttiva Rimpatri e Nuova Disciplina dell’allontanamento forzato degli Stranieri Irregolari.

Sebbene nutro molte riserve sul sistema formazione così come congegnato, e la materia trattata dall’evento non rientra tra quelle in cui il sottoscritto abbia una specifica competenza, ho deiciso di partecipare spinto dalle tematiche sociali e giuridiche trattate.

Sono state tre ore formative (e non solo in senso professionale) molto intense grazie anche ai relatori: Prof. Avv. Fulvio Vassallo Paleologo – Università degli Studi di Palermo; Avv. Lorenzo Trucco del Foro di Torino e Presidente ASGI e l’Avv. Angelo Raneli del Foro di Palermo.

Una delle tantissime contraddizioni messe in rilievo nel detto incontro – specialmente dal Prof. Vassallo – risiedeva nel fatto che nel nostro ordinamento l’extracomunitario irregolare, una volta scoperto, sarà destinato ad essere trattenuto (forse sarebbe meglio dire recluso) presso un Centro di Identificazione ed Espulsione. Se il trattenimento non è possibile è prevista l’emanazione di un ordine di allontanamento la cui violazione è punita con una pena detentiva, addirittura, sino a quattro anni e con l’arresto obbligatorio. L’invito all’allontanamento volontario – senza pena detentiva – rappresenta nel nostro sistema penale è una ipotesi residuale.

Tale disciplina risulta in contrasto con quella Comunitaria il cui procedimento, invece, secondo l’importanza data ai diritti fondamentali dell’individuo, è imperneato sull’invito alla partenza volontaria del soggetto migrante, mentre le misure coercitive sono una extrema ratio.

Nel rapporto tra fonti normative il contrasto come sopra evidenziato va risolto nella non applicazione della normativa interna in favore di quella comunitaria.

Senza volermi addentrare nelle problematiche trattate, non poteva passere inosservata su inDiritto una delle tragedie più gravi che sta vivendo il nostro paese.

E si badi bene: non è quella – seppur grave e straziante – dei tantissimi migranti che approdano e che muoiono sui lidi del nostro bel paese.

La vera tragedia è che sempre di più, in questi giorni, il nostro sistema mi appare come impazzito e vedo un progressivo disfacimento delle istituzioni e delle minimali regole che sottendono il vivere sociale.
Il decadimento della coesione sociale ha progressivamente eroso quella tela di norme (per dirla con Bobbio) che non solo tiene unita una comunità, ma che sopratutto conferisce alla stessa una ragione, un senso, una identità.

Mi preme segnalare, sebbene noto ai professionisti del settore, il sito dell’A.S.G.I., Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, che in modo completo ed appassionato si occupa delle tematiche inerenti le questioni giuridiche connesse all’immigrazione e, fra i diversi scopi istituzionali, ha l’obiettivo di mettere in luce i problemi giuridici che il fenomeno dell’immigrazione straniera pone nell’ordinamento nazionale e in quello internazionale, studiando le soluzioni e formulando le proposte.

(L’immagine è presa da Google Earth – il titolo è tratto dalla risposta di un giovane tunisino alla domanda di un giornalista: Perché, nonostante tutti i pericoli, continui a tentare di arrivare in Italia?).