La memoria e la civiltà

“La civiltà dista solo ventiquattro ore e due pasti dalla barbarie”.
(“Buona Apocalisse a tutti! (Le belle e accurate profezie di Agnes Nutter, Strega)”
di Terry Pratchett – Neil Gaiman
)

La sotto intestazione di inDiritto recita: civiltà e diritto.
Ed è per questo che in questo luogo, in questo giorno ed in questi tempi, appare oltremodo opportuno contrassegnare la circostanza che la civiltà è il frutto della memoria individuale e collettiva.

Parlare di shoah non significa parlare solo dell’olocausto.
Significa guardare ai millenni di storia umana e interrogarsi su quale sia stato il nostro di cammino, su quale sia la strada futura.
La memoria diventa così, anche, un ponte fra il passato ed il presente, ma sopratutto rappresenta il terreno a partire dal quale è opportuno effettuare una riflessione sugli abissi dell’animo umano.
Rocordare la distruzione vuol dire avere sempre ben a mente il male oscuro che cova dentro ogni uomo, il suo cupio dissolvi, l’implosione sempre latente alla quale nessuno, e dico nessuno, può dirsi immune.

Questo mostro è un Giano bifronte: da un lato il carnefice privo di umanità, dall’altro la vittima privata dell’umanità.

Avere memoria di questo giorno vuol dire avere coscienza della necessità di guardare dritto nell’abisso, scoprendo in esso il nostro di volto: in esso vittima e carnefice si confondo.

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