Le regole di condotta (misure di livello 3) che l'intermediario finanziario deve rispettare in sede di collocamento di prodotti finanziari. Il documento della Consob tra MiFID e TUF

Il documento della Consob: “Livello 3 – Regolamento Intermediari – Documento di Consultazione” recepisce la necessità di aprire un dibattito sull’adozione di regole sempre più penetranti nell’ambito della collocazione degli strumenti finanziari (nonché con riferimento alle polizze vita).

Scarica il documento Consob di consultazione intermediari livello_3

Invitiamo, caldamente, a leggere questo interessante documento che, nel fare il punto della situazione, indica la strada da percorrere per colmare il gap comunicativo ed informativo tra enti collocatori e risparmiatori/investitori.
Sempre di più diventa pressante l’esigenza di un rilancio del mercato attraverso il coinvolgimento della massa dei risparmiatori “educandoli” a delle scelte di risparmio/investimento ragionate e non basate solamente su mere logiche di profitto/speculazione.

Sommario: il commento al documento della Consob

Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi

  • Il mercato: il contesto economico e giuridico;
  • Le misure di livello 3: trasparenza;
  • Le misure di livello 3: correttezza;
  • Le misure di livello 3: tutela del cliente;
  • Le reazioni al documento della Consob.

Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi.

Il mercato: il contesto economico e giuridico.

Il documento sopra evidenziato parte da una premessa che fotografa realisticamente la situazione in cui si trovano l’investitore e l’intermediario all’interno del contesto economico e giuridico nel quale attualmente operano.
Il documento prende, pertanto, da questa impietosa analisi:

L’intermediazione finanziaria avviene in un contesto di asimmetrie informative.
Complessità, costi dell’informazione e grado di cultura finanziaria determinano un deficit informativo in capo alla clientela degli intermediari, la cui intensità è direttamente legata alla tipologia dell’operazione ed alla natura del cliente medesimo.
Le circostanze richiamate sono infatti amplificate nel caso di operazioni di investimento aventi ad oggetto particolari prodotti finanziari per i quali non sono disponibili, anche per intrinseche connotazioni di diritto o di fatto, mercati di scambio caratterizzati da adeguati livelli di liquidità e di trasparenza che
possano fornire pronti ed oggettivi parametri di riferimento per lo svolgimento delle transazioni.
La clientela c.d. “al dettaglio”, ossia quella con minore esperienza e conoscenza finanziaria, si trova così a dover riporre massimo affidamento nell’assistenza dell’intermediario, con particolare riferimento alla valutazione di adeguatezza/appropriatezza della transazione ed alla definizione delle condizioni economiche da applicare alla medesima, di cui non è in grado di giudicare la congruità, spesso neppure in un momento successivo alla loro conclusione
(credence goods).
La situazione è sovente resa ancor più critica dalla coincidenza del ruolo di intermediario con quello di emittente.

Abbiamo riportato per intero la breve premessa del documento della Consob poiché costituisce la più chiara evidenza del gap informativo esistente nell’abito dell’attività di collocamento di prodotti finanziari. La delicatezza della questione, se vogliamo, è resa ancor più rilevante visto che, peraltro, “l’esame di recenti emissioni ha evidenziato il ricorso da parte delle banche al collocamento presso clientela al dettaglio di obbligazioni subordinate e di prodotti ibridi, nel passato destinate esclusivamente a clientela istituzionale (professionali di diritto nella terminologia MiFID)“.
Il mercato avverte sempre di più la necessità di risollevarsi da una situazione di stagflazione.
In tal senso, per recuperare credibilità, (dopo le vicende -più o meno grandi- dei varii default di titoli e delle relative crisi d’impresa, dovute ad una, per così dire, “finanza creativa“), risulta necessario seguire una via etica e sostenibile. Ciò vuol dire che vi deve essere una vera sinergia e comunanza di intenti fra investitore ed intermediario.
Così come ricordato in un vecchio articolo ( il Web 2. 0 della finanza) “affinché tutti siano soddisfatti, non bisogna puntare al massimo del proprio utile, che molto probabilmente non esiste, ma rinunciare a una parte del proprio benessere teorico per arrivare ad un benessere generalizzato“.
Non basta seguire l’idea di “utile“, è necessario fare i conti con realtà economiche devono essere realmente produttive, realizzando un vero connubio tra finanza-impresa-investitori. Siamo stati partecipi di una storia in cui il mondo della finanza si è reso autoreferenziale, sfuggendo a qualsiasi logica di produttività, di eticità, perdendo la sua vera funzione di mezzo di incontro tra investitori ed imprenditori.
Questo contesto, ha prodotto solo una ricchezza  effimera scatenando, invece, delle ripercussioni nefaste per il mercato e per la società, quali: la perdita di credibilità, di trasparenza, di affidabilità, di valori, di reale produttività delle imprese.
Innanzi a tale panorama, il contesto giuridico, ancora una volta, si è presentato come impreparato alle mutate esigenze ed assolutamente insufficiente e lacunoso nelle risposte. Si continua a parlare di class action in Italia quando, ancora, non si è proceduto ad un vera analisi e riforma del ruolo degli enti (istituzionali e non) che dovrebbero controllare l’efficienza del mercato, degli operatori interni, delle regole di condotta, permanendo una giurisprudenza frastagliata e poco uniforme nelle cause in tema di strumenti finanziari.

Il documento della Consob propugna “(…) un significativo cambiamento del modello relazionale intermediario-cliente, con il passaggio da una logica incentrata sullo specifico “prodotto” commercializzato ad una logica incentrata sul “servizio” reso al cliente (…) La piena efficacia del processo di omogeneizzazione delle regole di condotta per il distributore delle diverse tipologie di prodotti finanziari presuppone peraltro che alla convergenza formale di disciplina (realizzata dal legislatore nazionale e dalla regolamentazione Consob) si accompagni una condizione di convergenza sostanziale.“.
Non possiamo chiederci come debba avvenire tale cambiamento, come far sì che l’attività di itermediazione mobiliare, come tratteggiata dalla nuova normativa di derivazione comunitaria, assuma effettivamente i contorni di un servizio svolto nell’interesse del cliente, perdendo i connotati di mera attività di vendita di prodotti per conto di altre categorie di soggetti terzi.
Non è facile. Né sembra allo scrivente che siano sufficienti l’introduzione della eccezionalità della remunerazione dell’intermediario collocatore da parte di soggetti diversi dal cliente; né tanto meno l’introduzione della contrattualizzazione dei rapporti con la clientela anche per il servizio di collocamento. Ambedue le ipotesi non solo sono facilmente aggirabili, ma non forniscono quella spinta alla necessaria svolta.
Per poter realizzare una vera e propria informazione tra intermediario ed investitore, bisogna innanzi tutto realizzare una simmetria di posizione tra i due soggetti facendo l’uno (l’intermediario) partecipe del destino dell’altro (l’investitore).
Ciò può essere realizzato partendo sempre dall’effettività delle regole basate sul know your customers rules, che troppo spesso si risolvono in formulari a risposta multipla a cui gli investitori neanche ricordano di aver risposto.

Dalla tutela dell’investitore bisogna sempre tenere distinta l’attività dello speculatore.
Abbiamo sempre ricordato che il primo elemento da controllare nell’approcciarsi ad una controversia avente ad oggetto la responsabilità dell’intermediario è la frequenza degli investimenti.
In paese, come l’Italia, in cui le statistiche delle scommesse in competizioni sportive sono in costante aumento, è il caso di operare una distinzione tra la posizione dell’investitore, da colui il quale, a prescindere dal capitale investito, vuole realizzare delle plus-valenze attraverso la sottoscrizione di titoli a rischio solvibilità.

Le misure di livello 3: trasparenza

Nella trattazione dell’argomento delle misure di livello 3, il documento della Consob fa espresso riferimento alle obbligazioni bancarie, alle polizze assicurative ed ai derivati negoziati over the counter (ovvero quegli strumenti finanziari derivati –derivati perché il loro valore deriva dall’andamento del valore di una attività, o dal verificarsi di un evento osservabile oggettivamente- negoziati su mercati non regolamentati).
In tal senso vengono fornite indicazioni di livello 3 aventi ad oggetto la declinazione del dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di titoli illiquidi, con riguardo a:
1. misure di trasparenza;
2. presidi di correttezza;
3. graduazione dell’offerta e tutela del cliente; verifica dell’adeguatezza/appropriatezza degli investimenti.

In particolar modo vengono preliminarmente evidenziati due elementi preliminari alla trattazione delle misure sopra evidenziate:
Poiché la scelta di un determinato target di clientela, specie di quella retail, richiede riflessioni approfondite nella fase di concreta selezione dei prodotti da distribuire e, a fortiori, nella possibile fase di ingegnerizzazione, è necessario che gli operatori abbiano cura di valutare la compatibilità dei singoli strumenti inseriti nel proprio portafoglio prodotti, avuto riguardo alla loro complessiva morfologia, con le caratteristiche ed i bisogni della clientela cui si intende offrirli.
In secondo luogo, poiché è necessario orientare la costruzione di meccanismi di incentivo della struttura aziendale secondo criteri non contrapposti al miglior interesse del cliente, risulta d’obbligo porre dei ben precisi criteri in ordine alle modalità di remunerazione dei dipendenti.

Proprio con riferimento alle misure di trasparenza, viene subito evidenziato che:

1.1 A differenza dei prodotti per i quali la trasparenza su valori e costi è garantita da caratteristiche intrinseche, nel caso di operazioni aventi ad oggetto strumenti per i quali non esiste un mercato liquido e trasparente è necessario che gli intermediari innalzino ai massimi livelli i presidi di disclosure nella relazione con la clientela.

In tal senso viene consigliato di (a titolo esemplificativo):

  • Effettuare una scomposizione delle diverse componenti che giustificano il complessivo esborso finanziario sostenuto dal cliente per l’assunzione della posizione nel prodotto illiquido;
  • quantificare il fair value;
  • esplicitare, in maniera chiara, i costi cui il cliente va incontro nel porre in essere l’operazione, con riferimento a qualsiasi tipo di onere;
  • è opportuno che gli intermediari trasmettano ai clienti, fin dall’avvio dell’operazione, informazioni in merito alle modalità di smobilizzo delle posizioni assunte, con evidenziazione espressa delle eventuali criticità insite nei mercati di scambio;
  • in relazione ai derivati OTC (negoziati su mercati non regolamentati) l’informativa andrà dettagliata fornendo il mark to model della posizione nell’istante successivo all’assunzione della medesima da parte del cliente, in maniera tale da consentire a questi una effettiva valutazione dei costi a suo carico;
  • gli intermediari dovranno inserire nel set informativo da fornire al cliente confronti con prodotti succedanei di larga diffusione, aventi caratteristiche comparabili ma con adeguata liquidità, che possano rendere chiaramente percepibili al medesimo il profilo di rischio-rendimento ed i costi dell’operazione che sta per concludere;
  • con riguardo alla rendicontazione periodica delle posizioni assunte dalla clientela in prodotti della specie, gli intermediari dovranno trasmettere, ai sensi dell’art. 56 del Reg. 16190/2007, informazioni dettagliate sui prodotti detenuti.

Le misure di livello 3: correttezza

Con riferimento alle misure di livello 3: correttezza nell’esecuzione dei contratti d’investimento, meritano di essere segnalati due importanti elementi:

  • il prezzo, così detto, fair: in pratica gli intermediari che intendano operare ponendosi in contropartita diretta dei clienti per eseguirne le disposizioni, nonché con emissione di propri prodotti venduti direttamente alla clientela, devono dotarsi di strumenti di determinazione del fair price basati su metodologie riconosciute e diffuse sul mercato;
  • il sistema informativo aziendale dovrà consentire, ex post, un’agevole e precisa ricostruzione dell’attività svolta, con riferimento alle condizioni applicate, ai parametri ed alle maggiorazioni utilizzate per ciascuna transazione eseguita.

Tale ultimo elemento risulta essere particolarmente significativo anche ai fini di una possibile controversia tra intermediario ed investitore. Si rende, quindi, opportuno che tale sistemi informatico/informativi siano realizzati, sempre nel rispetto della privacy, ma con strumenti in grado di dare l’assoluta affidabilità circa le informazioni in esse contenute.

Le misure di livello 3: Graduazione dell’offerta e tutela del cliente; verifica dell’adeguatezza/appropriatezza degli investimenti

La normativa di settore prevede che gli intermediari possano prescegliere la modalità di offerta delle proprie attività graduando il livello di servizio garantito alla clientela.
Per i clienti con i quali, sulla base del contratto, l’intermediario sia tenuto a valutare la sola appropriatezza (art. 42 del Reg. 16190/2007) dovranno essere tenute in debito conto le peculiari caratteristiche dei prodotti illiquidi, in specie se caratterizzati da profili di complessità, raffrontandole al grado di conoscenza finanziaria e di esperienza del cliente che richiede l’investimento.

Altre considerazioni vengono espresse con riferimento alle ipotesi di consulenza operata dall’intermediario nei confronti del cliente. Abbiamo vaire volte posto la distinzione fra i contratti di investimento (ricezione/trasmissione ordini su strumenti finanziari) e i contratti di gestione portafogli per conto terzi.
La Consob, tuttavia (e giustamente) ha rilevato che “Secondo la definizione comunitaria (art. 52 della Direttiva n. 2006/73/CE) recepita nell’ordinamento nazionale (art. 1 del TUF) per aversi consulenza “basta” una “raccomandazione […] presentata come adatta” per il cliente avente ad oggetto un determinato strumento finanziario.
Risulta ragionevole pensare, nonché una pratica diffusa, che il promotore finanziario non si limiti a ricevere ed eseguire degli ordini impartiti dal cliente. Accade, invece, nella pratica che vi sia (com’è giusto che accada) un confronto sulle strategie finanziarie che il cliente vuole porre in essere, senza per questo ricadere nelle fattispecie di patrimoni gestiti (a tal riguardo sarebbe il caso di porre delle ben precise cautele e definizioni stabilendo accuratamente i limiti contrattualistici all’interno dei quali l’intermediario può effettuare una consulenza).
In tal senso viene previsto che
3.4 (…) L’intermediario dovrà dotarsi di stringenti procedure che consentano agli addetti alla relazione con la clientela l’effettiva valutazione dell’ottimalità del prodotto illiquido in relazione ai bisogni del cliente. In particolare gli operatori dovranno porre specifico riguardo ai diversi fattori che possono incidere sul livello di costo di strumenti illiquidi, quali lo spread denaro-lettera nella fase di successivo eventuale smobilizzo od altri elementi non immediatamente percepibili dai clienti. (…)
3.5 L’eventuale iniziativa di un cliente volta all’acquisto di specifici prodotti finanziari potrà essere messa in relazione a prodotti diversi oggetto di consulenza dell’intermediario solo nel caso che questi sia in grado, a mezzo delle procedure aziendali di cui si è dotato, di svolgere un effettivo confronto,
nell’interesse del cliente, fra le soluzioni di investimento in discorso (quella del cliente e l’alternativa raccomandata), in modo da indirizzarlo verso il prodotto più adatto.

Ad avviso dello scrivente queste soluzioni sembrano essere un po’ di compromesso, creando dei frandi coni d’ombra nelle procedure di collocamento dei titoli.
Sarebbe meglio stabilire i limiti entro i quali possono essere dati dei consigli e quelli entro i quali possono essere date informazioni non alimentando quelle così dette delle interferenze funzionali fra le due fattispecie.
In pratica o il promotore finanziario si occupa di consulenza, o si occupa di gestione, ovvero si occupa di collocamento su ordine del cliente.
Tre figure contrattuali con la clientela ben definite e con precisi oneri e responsabilità (e conseguentemente diversamente retribuite in favore del promotore).
Alimentare figure intermedie, a nostro avviso, risulta essere controproducente.

Con riferimento all’adeguatezza questa dovrà essere condotta con particolare cura, in relazione sia alla profilatura dei clienti (obiettivi di investimento e la situazione finanziaria così come risultanti da una chiara scheda informativa espreessamente comunicata al cliente), sia alla mappatura dei prodotti.
Viene previsto, sul punto, che al fine di giudicare l’adeguatezza di un’operazione, con riguardo alla situazione finanziaria ed agli obiettivi di investimento, occorrerà valutare separatamente le conseguenze delle diverse tipologie di rischio determinate dall’eventuale assunzione della posizione: rischio di credito, rischio di mercato e rischio di liquidità.

Le reazioni al documento della Consob.

Come al solito assistiamo ad una spaccatura nelle reazioni al detto documento della Consob: da un lato le associazioni Assogestioni, Anasf (promotori finanziari) e Aiaf (analisti), salutano il documento cone qualcosa di positivo.
A queste si contrappongono le voci critiche di Abi (banche), Ania (assicurazioni) e Assonime (società per azioni) contestano l’onerosità e genericità del provvedimento, evidenziando un disallineamento con le regole in vigore negli altri Paesi europei noi aggiungiamo che gli altri paesi europei non hanno avuto casi come quelli Parmalat e Cirio- ndr).

Sul punto vi segnaliamo questi articoli apparsi su Il Sole24ore:
Obbligazioni, a chi non piace la stretta della Consob di Isabella Della Valle;
Obbligazioni, perdite fino all’11% annuo di Gianfranco Ursino;
La crisi rivela i conflitti del credito di Marco Liera.

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In testata foto “A heart of money” di wisforworlddomination

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Un pensiero riguardo “Le regole di condotta (misure di livello 3) che l'intermediario finanziario deve rispettare in sede di collocamento di prodotti finanziari. Il documento della Consob tra MiFID e TUF

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