Sentenza del Tribunale di Catania n. 2428 del 2010: l'affidamento ed il principio di apparenza nel diritto

di: Avv. Gerlando Gibilaro

Pubblichiamo questa Sentenza del tribunale di Catania che, fra l’altro, coglie l’occasione di meglio specificare il principio di apparenza nel diritto.

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Il caso.

Con atto di citazione l’attore (un avvocato) citava avanti il Tribunale di Catania la Banca S.p.a. ed il promotore finanziario della stessa (agente esterno), per sentirli condannare all’adempimento di un accordo – sottoscritto su modulistica della banca – in virtù del quale veniva garantito sulle sottoscrizioni effettuate da parte attrice: “un rendimento annualizzato netto del 30% annuo da erogarsi al sottoscrittore su sua volontà e a sua discrezione o capitalizzato sul capitale conferito con garanzia del capitale investito, l’apertura di un conto titoli gratuito nelle spese con la sola eccezione dei bolli di Stato, esenzione delle commissioni di sottoscrizione e di rimborso sui prodotti finanziari sottoscritti; spese delle cassette di sicurezza a carico della banca per 12 mesi“.
In tal senso – pur in assenza di perdite – veniva richiesto il rimborso della somma di denaro nella misura della differenza tra il promesso ed il rendimento effettivamente ottenuto.

Si costituiva, quindi, la Banca contestando le domande attoree evidenziando che la stessa non era mai venuta a conoscenza del detto accordo, che lo stesso, quindi, non aveva mai trovato alcuna applicazione da parte della Banca durante il relativo rapporto contrattuale, e che il promotore non aveva alcun potere di rappresentanza.
Inoltre, veniva contestato il contenuto contrattuale.
Sul piano formale il preteso accorto risultava privo di qualsivoglia elemento essenziale quale la data certa e la regolare sottoscrizione da parte della banca. Sul piano sostanziale le pattuizioni ivi stabilite a dire della banca sarebbero risultate assurde e paradossali anche dal punto di vista contenutistico, circostanza anche questa riconoscibile a parte attrice (un avvocato). Infatti. tale accordio rappresentava un vero e proprio paradosso contrattuale: la banca avrebbe dovuto garantire un rendimento netto fisso all’attore a fronte di investimenti decisi unicamente dallo stesso.

Si apriva, quindi, fra le parti una disquisizione sul principio dell’apparenza giuridica e sull’affidamento.

La Sentenza.

Il tribunale di Catania, dopo aver ricostruito i fatti di causa, effettuta tre passaggi.

Il primo investe l’accertamento della regolarità dei contratti (considerata come sussistente dal tribunale).
Pur tuttavia il tribunale evidenzia nel merito quanto segue:
La clausola principale contenuta nei contratti collaterali in esame (e nel secondo soprattutto), secondo cui al XXXXX (attore ndr) non solo veniva garantita la restituzione del capitale investito, bensì gli veniva addirittura assicurato un rendimento annualizzato del 30%, specie a fronte del restante contenuto contrattuale con la sostanziale mancanza di previsione di obbligo alcuno in capo al cliente ovvero di corrispettivo per la banca, tale da giustificare la prestazione garantita, presenta macroscopici profili di diseconomicità che nessuna banca poteva ragionevolmente sostenere (…) A fronte di ciò, considerato pure che il contenuto dei due contratti collaterali presenta connotati di tale peculiarità e svantaggio assoluto per la banca tale da risultare oggettivamente straordinari e fuori da ogni logica di mercato e che, lo si ribadisce, soltanto nella sottoscrizione di essi il promotore appare rappresentare la banca, era lecito attendersi dal XXXXX (attore ndr) che costui, piuttosto che fare affidamento su di essi, si rivolgesse diretttamente alla Banca S.p.A. (magari in persona di quel direttore della filiale di Catania a cui afferma di essere stato costretto a chiedere i disiventistimenti) al fine di verificare la sussistenza, in capo al promotore YYYYYYY, del potere rappresentativo impropriamente esercitato”.

Il secondo passaggio investe il principio dell’affidamento:
Di contro, l’affidamento che il XXXXX (attore ndr) sostiene di avere nutrito in ordine all’effettiva esistenza, in capo al YYYYYYY (promotore), del potere rappresentativo necessario per impegnare la Banca. Deve ritenersi frutto di un atteggiamento gravemente colposo dello stesso. Invero, premesso che l’attore esercita la professione di avvocato e che conseguentemente, per la sua specifica competenza in materia giuridica è soggetto da cui pretendere standard di diligenza minimi adeguati alle nozioni possedute, va evidenziato come da un canto i due contratti collaterali si atteggino in maniera assolutamente eterogenea rispetto agli altri sottoscritti dal XXXXX (attore ndr) con la Banca e, dall’altro, come soltanto in relazione ad essi il YYYYYYY (promotore) spenda (senza averlo) il potere rappresentativo della Banca“.

Il terzo riguarda il principio dell’apparenza.
Dobbiamo ricordare che in tema di rappresentanza, l’applicabilità del principio dell’apparenza del diritto richiede che il rappresentato abbia tenuto un comportamento colposo tale da ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento che al rappresentante apparente fosse stato effettivamente conferito il relativo potere e che il terzo abbia in buona fede fatto affidamento sulla esistenza di detto potere, non potendosi in ogni caso invocare in via analogica il diverso principio ricavabile dall’art. 2384 cod. civ., dettato per le società (ex plurimis: Cass. Sez. II, n. 2725 – richiamata in Sentenza alla pag. 11; Cass. Sentenza del 28 agosto 2007, n. 18191. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello la quale aveva escluso che una società assicuratrice avesse indotto nel terzo alcun affidamento in ordine al potere rappresentativo dei coagenti per la stipula di contratti di assicurazione nel ramo vita, essendo stata data idonea pubblicità – con trascrizione – alla procura, che escludeva la facoltà di concludere proprio tali contratti e che comunque sottoponeva i contratti autorizzati all’impiego di formulari a stampa predisposti, salvo deroghe da consentire dalla direzione della compagnia); Cass. Sez. III n. 11186/98).

In sostanza in materia di affidamento incolpevole, il contratto risulta vincolante purché ricorrano le seguenti condizioni:

a) un’apparente valida conclusione del rapporto, definito mediante l’intervento di un soggetto abilitato a gestire le trattative con, almeno esteriormente, ampi poteri di determinazione del contenuto del negozio;

b) l’imputabilità innegabile di tale apparenza all’intermediario finanziario, avendo questi concorso a crearla o avendola tollerata,

c) l’affidamento incolpevole del terzo contraente circa la valida conclusione del rapporto così come dallo stesso programmato.

Sul punto il Tribunale di Catania osserva:
Invero, certamente non è dato rinvenire alcun profilo di colpa, in capo alla banca, idoneo ad ingenerare nel XXXXX (attore ndr) la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza per la stipula dei detti contratti collaterali fosse stato effettivamente e validamente conferito al YYYYYYY (promotore)”.
In tal senso il Tribunale conclude:
Non sussistendo alcun ragionevole (ed incolpevole) affidamento da tutelare, e difettando in capo alla banca convenuta, giusta quanto sopra esposto, qualsiasi profilo di imputabilità dell’apparenza, non resta che escludere la vincolatività, per la Banca, dei due contratti collaterlai sottoscritti dal YYYYYYY (promotore)”.